LIVORNO PORT CENTER | Porti & dintorni. Cosa fa la portualità internazionale per reagire alla crisi. Numero 39
Livorno Port Center is an educational center with an interactive multimedia lab, a library and a vessel showroom. Il Livorno Port Center è un centro educativo-espositivo con un laboratorio multimediale interattivo, una biblioteca ed un'esposizione di navi.
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Porti & dintorni. Cosa fa la portualità internazionale per reagire alla crisi. Numero 39

11 Gen Porti & dintorni. Cosa fa la portualità internazionale per reagire alla crisi. Numero 39

ShipMag punta il focus sulla situazione di confusione generale e prudenza – più o meno indotta dalla crisi (post-)pandemica – che rischia di rallentare sensibilmente la svolta green dello shipping.

Condividiamo l’approfondimento.

Di fronte alle scadenze imminenti sull’obbligo di utilizzare combustibili più puliti, gli armatori hanno ridotto drasticamente il numero di nuovi ordini. Il motivo è semplice: in pochi hanno deciso quale tecnologia di alimentazione alternativa adottare. 

Ammoniaca, idrogeno, biocarburanti ed elettrificazione sono alcune, ma non tutte, le opzioni sul tavolo per alimentare la futura flotta mercantile globale, ma la maggior parte dei sistemi è in fase di test e non sarà applicabile su larga scala per almeno un decennio. E, con una vita media delle navi di circa 20 anni, optare per una tecnologia che non decollerà potrebbe essere molto costoso. A sostenerlo è un rapporto di Bloomberg Green .

Nel 2018, l’Organizzazione marittima internazionale (IMO) ha fissato l’obiettivo di dimezzare le emissioni di gas a effetto serra (GHG) dal trasporto marittimo entro il 2050 rispetto ai livelli del 2008.

La scadenza ha spinto alcuni armatori a posticipare nuovi ordini fino a quando non è diventato più chiaro quali nuovi combustibili sarebbero stati l’opzione migliore: le controversie commerciali globali (vedi il caso dazi USA) e la pandemia hanno contribuito a complicare, non poco, il quadro.

Gli ordini sono diminuiti di quasi il 10% nel 2019 e di oltre il 50% nel 2020, al livello più basso in almeno due decenni, come mostrano i dati di IHS Markit. Se la situazione di stallo dovesse protrarsi, si arriverebbe ben presto a una carenza di navi e a un ulteriore aumento delle tariffe di trasporto entro pochi anni. 

«Non si ordinano navi perché non sappiamo con quali combustibili viaggerà la flotta nei prossimi anni», ha ammesso Morten Aarup, responsabile delle ricerche di mercato presso D/S Norden A/S. «Ingegneri e progettisti navali devono unire le forse con urgenza per trovare la soluzione migliore».

Gli armatori che hanno deciso di posticipare il passaggio alla fase “green” potrebbero comunque trovarsi in una posizione di svantaggio competitivo, poiché sempre più clienti richiedono un trasporto rispettoso dell’ambiente. Secondo i dati di Drewry, circa il 12,3% delle navi commissionate ha propulsione a combustibile alternativo, rispetto a solo lo 0,6% dell’attuale flotta globale.

Ma l’uso di combustibili alternativi nel trasporto marittimo è ancora agli inizi, e molti dei principali armatori sono tuttora alla ricerca di opzioni diverse. Il gruppo Trafigura, una delle più grandi società energetiche del mondo, ha una partecipazione in una società che vende biocarburanti marini, la società di classificazione navale Lloyd’s Register ha dato la sua approvazione in linea di principio a diversi progetti di navi alimentate ad ammoniaca e la compagnia di petroliere Stena Bulk AB prevede di far funzionare alcune delle sue navi con olio da cucina usato.

Gli obiettivi dell’IMO per il 2018 richiedono una riduzione del 40% delle emissioni di carbonio del trasporto marittimo internazionale entro il 2030 e una riduzione del 70% entro il 2050 rispetto ai livelli del 2008. Ma gli obiettivi potrebbero essere ancora più ambiziosi quando le Nazioni Unite li riesamineranno, nel 2023.

L’IMO ha anche introdotto all’inizio del 2020 regolamenti che vietano i bunker con un contenuto di zolfo superiore allo 0,5% per le navi non dotate di scrubber. “Questi target hanno già contribuito al declino degli ordini”, ha detto Jayendu Krishna, direttore di Drewry. «Sebbene siano stati avviati diversi progetti sui combustibili alternativi, non è chiaro quali saranno utilizzabili in larga scala».

Il GNL è uno dei principali contendenti per un carburante di transizione sulla strada verso la piena decarbonizzazione, come lo è nella generazione di elettricità. Royal Dutch Shell Plc ha in programma di noleggiare 40 chiatte a doppia alimentazione da utilizzare sul fiume Reno. Sebbene il gas sia ancora un combustibile fossile, le sue emissioni di CO2 sono inferiori a quelle di un bunker convenzionale e, soprattutto, è prontamente disponibile. «Le navi a GNL rappresentano già l’8% dei nuovi ordini di navi», ha affermato Krispen Atkinson, consulente senior di IHS Markit.

«L’utilizzo del GNL ridurrebbe le emissioni di gas serra delle compagnie di navigazione di quasi il 20% rispetto al carburante», ha detto Christos Chryssakis, responsabile dello sviluppo aziendale di DNV GL. 

Maersk, la più grande linea di container al mondo, ha una visione diversa. «Non c’è tempo per i cosiddetti combustibili di transizione», ha spiegato il direttore tecnico Palle Laursen. La compagnia danese punta solo su soluzioni di carburante a “emissioni nette zero” e vede i combustibili a base di ammoniaca, alcoli e miscele di alcol-lignina come i più promettenti, ha affermato il manager. Maersk ha mantenuto la sua capacità di flotta stabile dal 2018 e di recente non ha investito in nuove grandi navi, ha affermato lo stesso Laursen.

L’ammoniaca e l’idrogeno sono probabilmente i combustibili puliti preferiti in questo momento, secondo Atkinson di IHS. «L’elettrificazione delle navi è un’altra possibilità, anche se a causa del rapporto peso/potenza è probabilmente pratica solo per le navi che operano su rotte più brevi».

«Quando gli armatori considerano la costruzione di nuove navi sono molto confusi», ha detto Chryssakis di DNV GL. «I combustibili del futuro non saranno disponibili su larga scala almeno fino al 2030 e, sebbene tutte le soluzioni debbano essere esplorate, l’industria non può permettersi di aspettare», ha concluso.